SECONDA GUERRA MONDIALE
(ultimo aggiornamento: dicembre 2023)
(ultimo aggiornamento: dicembre 2023)
La seconda guerra mondiale era scoppiata nel 1939 con travolgenti operazioni tedesche che convinsero Mussolini che la Germania, di lì a poco vittoriosa, sarebbe diventata leader di un nuovo ordine mondiale. L’alleanza con Hitler sembrava offrire all’Italia fascista l’opportunità di trovarsi al fianco del “sicuro” vincitore; anche di qui la decisione di intervenire nella guerra dal 1940. L’impreparazione italiana, le difficoltà della Germania impegnata su troppi fronti, l’entrata in guerra degli Stati Uniti già nel 1942 fecero presto intravedere un esito diverso da quello sognato da Mussolini. In Italia il sostegno della monarchia alla guerra era sempre più tiepido ed anche alcuni gerarchi fascisti cominciavano a prendere le distanze dalle scelte del Duce. Fu proprio il Gran Consiglio del Fascismo nel luglio 1943 a sfiduciare Mussolini che si dimise e fu arrestato.
Con l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Italia abbandonò l'alleanza con i tedeschi per schierarsi con gli Alleati (Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e altri). Mussolini venne liberato poi dai tedeschi e posto a capo della Repubblica di Salò con giurisdizione sull’Italia centro-settentrionale. Mentre gli alleati partendo dalla Sicilia risalivano la penisola frenati dalle fortificazioni tedesche sulla Line Gustav fino al maggio del 1944 e poi della Linea Gotica superata solo nell’aprile del 1945, nelle regioni occupate, incoraggiato dagli Alleati crebbe via via il fenomeno della Resistenza che, logorando i nazi-fascisti, contribuì significativamente alla Liberazione.
Tra la fine del 1944 ed i primi mesi del 1945 nel territorio marosticense si visse in un clima di incertezza generale, poiché erano temute le azioni sempre più cruente da parte dei fascisti e dei tedeschi, che sul territorio erano ben presenti e che con l’organizzazione Todt operavano nel nord Italia per realizzare le linee difensive atte a bloccare le truppe Alleate, qualora queste fossero riuscite a sfondare la linea gotica.
Durante l’occupazione nazifascista, Pradipaldo nei giorni 5 e 6 settembre del 1944 fu interessata dall’operazione anti-partigiana Hannover, che con un rastrellamento in grande stile portò all’arresto di una ventina di uomini fra i 18 e i 50 anni e all’incendio di due case.
Durante la guerra nessun abitante del paese fu sfollato, anzi vi furono accolti una quindicina di sfollati provenienti dalla provincia di Frosinone (da San Vittore del Lazio e da Cervaro). In due famiglie di Pradipaldo furono inoltre accolti un bambino ed un ragazzo rimasti soli. Il parroco riportò che gli sfollati parteciparono attivamente alla vita religiosa della comunità e che i bambini frequentarono la scuola del paese.
Fra i pochi atti violenti di questo periodo riconducibili all'occupazione la cronaca riporta che domenica 11 marzo 1945 colpi di mitragliatrice danneggiarono lievemente un carro ed il cavallo che lo trainava rimase ucciso.
Eventi decisamente più cruenti si verificarono nel bassanese con il rastrellamento del Grappa e le impiccagioni sui lecci a Bassano in via XX settembre, poi divenuto viale dei Martiri, e lungo viale Venezia sino al territorio di Cassola.
Da temere non vi era soltanto la violenza nazista ma anche l'avanzata degli Alleati, quest'ultimi sempre più decisi a sradicare con ogni mezzo i collaborazionisti della RSI. A Pradipaldo il 20 aprile un caccia americano P-51 apparve all'orizzonte dirigendosi verso via Bressani, dove i giovanissimi fratelli Angelo e Pompeo Crestani stavano caricando del fieno su un carretto parcheggiato sulla strada non lontano da casa loro; in brevissimo tempo l'areo virò verso ovest e successivamente iniziò a sparare colpi di mitragliatrice. L'aereo face un paio di passaggi provocando con i proiettili diversi buchi sulla strada ma fortunatamente nessun abitante rimase ferito.
In quel periodo anche a Pradipaldo sorvolavano a bassa quota gli aerei notturni Alleati, meglio conosciuti con il nome di "Pippo" e che fungevano da arma psicologica, con lo scopo di ricordare alle popolazioni dei piccoli borghi che anch'essi potevano venire facilmente bombardati e non soltanto gli obbiettivi strategici.
L’organizzazione tedesca Todt, conosciuta anche con la sigla O.T. (Organisation Todt), doveva realizzare strade, ponti, trincee, gallerie, postazioni per mitragliatrici ed altre opere difensive. Era diffusa su tutto il territorio occupato dai nazisti e nei lavori impiegava i prigionieri, ma reclutava anche fra la abbondante manodopera locale. Nel difficile contesto creatosi in Italia dopo l'armistizio ai tantissimi maschi giovani disoccupati si potevano presentare le seguenti opportunità:
-arruolarsi nella milizia della Repubblica di Salò o nelle Wafen SS,
-venire internati in campo di prigionia/concentramento,
-darsi alla clandestinità entrando nelle formazioni della Resistenza,
-lavorare nella Todt sotto il comando dei soldati tedeschi.
Quest’ultima opzione era la più indolore e garantiva comunque un reddito sicuro, per cui molti vi aderirono.
A Pradipaldo, sotto la direzione del maresciallo tedesco Schimo, la sede operativa della Todt, da ottobre del 1944 ad aprile del 1945, era nella allora già ex cooperativa, i cui ambienti furono adibiti a magazzino, forno del pane, cucina e servizi. Anche alcune delle migliori case del paese furono occupate.
La Todt occupò anche tre locali della canonica usati poi come uffici. Alla parrocchia fu promesso di corrispondere l’affitto sia della canonica che della ex cooperativa, ma non fu mai corrisposto nulla; i locali furono comunque lasciati integri ed anzi i tedeschi vi abbandonarono attrezzi e macchinari.
Per la Todt di Pradipaldo lavorarono circa 100 operai, alcuni dei quali provenienti dal circondario; le attività principali furono la manutenzione delle strade e la costruzione di gallerie necessarie a creare la linea blu difensiva prealpina, da attivare in caso di sfondamento della linea gotica. Una di queste gallerie rifugio è ancora ben visibile all’altezza della valle del Cardiolo in corrispondenza di una curva della strada della Fratellanza tra il centro abitato di Pradipaldo e via Pozza; altre gallerie furono scavate anche sul monte Speron di via Pozza; poi furono chiuse dagli abitanti negli anni ‘60.
Di questa presenza della Todt a Pradipaldo don Pietro Follador ha lasciato scritto, che alle ore 6 del mattino celebrava la messa per gli operai della Todt: di essi criticava il ”parlare disonesto” e il malcostume per cui i tedeschi imponevano il lavoro anche durante le festività, favorendo così la trasgressione ai comandamenti di Dio e creando divisioni e contrasti fra gli abitanti. I pradipaldesi lavoravano al fianco dei tedeschi ma, secondo don Pietro, "li si odiava... e si attendeva il momento di poter vendicarsi", "c'era un gara continua a chi lavorava meno e, se si poteva ... portar via qualcosa, lo si faceva senza scrupoli, soprattutto dopo il ritiro della Todt".
I nazifascisti, com’è noto, non furono in grado di resistere all’avanzata degli Alleati; la ritirata tedesca coinvolse anche la Todt, che frettolosamente cessò ogni attività.
L'abbandono delle loro armi e munizioni, se da un lato favorì il processo finale di liberazione partigiana, dall'altra provocò diversi incidenti come ad esempio quello del giovane pradipaldese Emilio Fantin, che maneggiando una granata rimase mutilato delle braccia in seguito all'esplosione.
Nel periodo di occupazione non fu creato a Pradipaldo un vero e proprio gruppo partigiano, ma alcuni fra i giovani più animosi scesero a Valle San Floriano, dove riuscirono ad armarsi; anche alcune donne funsero occasionalmente da staffette di collegamento.
I racconti dell’epoca riferiscono anche di contatti con il gruppo di Marsan, i cui partigiani in un’occasione cenarono presso la trattoria Da Tranquillo, dormirono in fienili ed il giorno dopo andarono a messa, ben accolti dai pradipaldesi.
Il 25 aprile 1945 era in atto la liberazione di Vicenza e della sua pianura settentrionale, tant'è vero che testimonianze dell'epoca raccontano che dall'attuale zona del campo sportivo di Pradipaldo, si vedeva una grande nuvola di polvere e si udivano i rumori dei carrarmati avanzare.
La sera del 28 aprile 1945 i reparti della X MAS asserragliati nella città di Marostica si arresero ai partigiani delle brigate Giovane Italia e Fiamme Rosse, così il mattino seguente gli americani entrarono senza dover combattere nel castello inferiore, sancendo così la liberazione della città. A comandare i soldati americani era un nostro concittadino, il Maggiore Crestani che, dopo aver consegnato 200 mila lire agli amministratori dell'ospedale di Marostica, si diresse con la truppa a Bassano. Egli era originario della contrada Balocca di Spelonchette ed emigrato in giovane età negli Stati Uniti nei primi anni del ‘900.
Da quel momento il compito dei partigiani era di uccidere o bloccare i tedeschi in fuga o quantomeno di incanalarli sulla presidiatissima Valsugana, sia per evitare saccheggi nei piccoli paesi sia per impedire che qualche gruppo si potesse arroccare sulle linee montane preparate dalla Todt.
I tedeschi, fallito il tentativo di ripararsi nelle fortificazioni della Todt, tentarono la fuga verso il Trentino risalendo la vallata di Valle San Floriano, meno controllata di quelle dell’Astico e del Brenta.
Non fu Marostica la prima località ad essere liberata ma Rubbio, che poté contare sul grintoso sacerdote antifascista don Pietro Miazzi, che ai fascisti diceva che per duce lui aveva solo Gesù Cristo.
A Rubbio appunto, tra il 23 e il 24 aprile i partigiani attaccarono i cantieri della Todt, facendo saltare i compressori e le perforatrici, costringendo i tedeschi presenti a ritirarsi verso Gallio. Gli operai lasciarono i lavori e si unirono ai partigiani a presidio del territorio liberato. Sul campanile venne esposto il tricolore e passaggi a volo radente degli aeroplani americani festeggiarono la liberazione del primo paese del vicentino. Il 25 aprile a Tortima i partigiani fecero esplodere un deposito di armi della Todt e dopo uno scontro armato anche il territorio di Conco fu liberato.
Il 29 aprile aerei americani attaccarono camion tedeschi in fuga verso Vallonara; lo stesso giorno un carro armato americano raggiunse Crosara dove si suonarono le campane per la liberazione. Nel pomeriggio però a Valle San Floriano incominciò la scia di sangue che terminò il 2 maggio a Fontanelle con l’esecuzione di alcuni soldati nazisti.
Furono giorni in cui alle violenze dei tedeschi in fuga si rispose con altra violenza.
Nel primo pomeriggio del 29 aprile un gruppetto di dodici nazisti fece irruzione nella casa della famiglia Tasca di Valle uccidendone i quattro componenti; le motivazioni mai chiarite sembrerebbero riconducibili alla protezione data dai Tasca ad un partigiano in fuga.
Saccheggiata ed incendiata la casa dei Tasca lo stesso gruppo, arrivato a monte dell’abitato di Valle uccise altri tre partigiani.
Il 30 aprile tra la contrada Erta e i Gorghi Scuri furono uccisi due partigiani, che avevano poco prima giustiziato tre soldati tedeschi, facenti parte del gruppo in fuga che aveva ucciso i Tasca, perché avevano rifiutato di consegnare le armi.
Gli altri nove tedeschi arrivati a Pradipaldo fecero violenza ad una ragazza, poi in via Zeggio ferirono Lino Crestani (classe 1922), che era stato fornaio per la Todt, ma era sceso a via Zeggio per unirsi ai partigiani che volevano bloccare i tedeschi diretti a Rubbio; morì il giorno dopo all’ospedale di Marostica.
Poco più su, in via Fantini trovò la morte il partigiano della brigata Giovane Italia, Francesco Antonio Crestani (classe nel 1911); la sua tomba è ancora presente nel cimitero di Pradipaldo.
A Pradipaldo parte del gruppo di nazisti fu bloccato e tre tedeschi furono uccisi di cui due furono sepolti provvisoriamente dietro il cimitero.
La scia di sangue proseguì in località Brombe dove, dopo uno scontro con partigiani e territoriali armati di fucili e bastoni, furono uccisi altri due partigiani: Giuseppe Giacomazzo di Fontanelle (nato nel 1902) e Cristiano Brunello di Spelonchette (nato nel 1901).
Il gruppo di nove giovani soldati tedeschi era riuscito ad arrivare nei pressi di Rubbio, dopo aver ucciso altri partigiani del territorio sopra Brombe appratente a Conco, comune al quale anche per tali caduti gli fu conferita nel 1952 la Croce di Guerra.
Il combattimento terminò con la cattura dei tedeschi e dopo che il processo tenuto dal “Tribunale di Guerra” sentenziò la condanna a morte per l'uccisione della famiglia Tasca, i nove tedeschi furono uccisi a colpi di mitragliatrice il 2 maggio davanti alla porta dell’asilo di Fontanelle.
Le persone morte per mano nazista nel territorio tra Valle e Brombe furono dunque tredici.
I due caduti di Pradipaldo (Lino Crestani e Francesco Crestani) sono ricordati nel monumento del parco della rimembranza.