IL '68
(ultimo aggiornamento: ottobre 2023)
(ultimo aggiornamento: ottobre 2023)
Il vento dei cambiamenti generato dai movimenti sociali di protesta di fine anni ‘60 arrivò pure a Pradipaldo; anche i pradipaldesi “scesero in piazza” a dimostrare in prima persona il loro malcontento e le loro rivendicazioni, scavalcando i consueti canali di delega a consiglieri ed assessori.
Un problema enorme delle Prealpi, non solo venete, riguarda la scarsa disponibilità di acqua per uso civile, agricolo e zootecnico.
Data la natura carsica di rocce e terreni, l’acqua piovana non scorre in superficie ma si disperde in profondità; la poca che veniva raccolta nei pozzi non era sufficiente a far fronte ai bisogni, soprattutto in periodi di prolungata siccità.
Da quando era diventato possibile sollevare l’acqua con l’aiuto di adeguate pompe, la soluzione al problema della cronica carenza non poteva che prevedere la costruzione di un acquedotto.
Su questa linea si mosse don Pietro Follador che, finita la prima guerra mondiale, ebbe l’idea di recuperare le tubazioni del dismesso acquedotto militare e di utilizzarle per portare l’acqua potabile in paese, pescandola dall’alto rio Lavacile. Senza utilizzo di pompe ma solo per caduta si riuscì a far arrivare l’acqua in via Zeggio (presso la trattoria Da Tranquillo), vicino a via Fantini (il punto di raccolta era ad una quota leggermente più bassa rispetto alla contrada) e nel centro di Pradipaldo (la "fontana" a pochi metri dalla chiesa). Da lì poi anche in alcune case.
Gli abitanti delle contrade Speron invece continuavano ad attingere dai pozzi in cui veniva convogliata l’acqua piovana e da una cisterna; in caso di grave penuria si rifornivano alla fontana di via Chiesa e con secchi e “bigòlo” portavano l’acqua fino a casa.
Già nel 1921 fu presentata una petizione in cui si chiedeva l'acquedotto all’allora comune di Vallonara che però, dopo aver valutato il preventivo di spesa dell’ingegner Giovanni Tescari pari a 46.500 lire, decise di non procedere per mancanza di liquidità nelle casse comunali, benché vi fosse la possibilità di attingere ad un mutuo governativo senza interessi, cui si aggiungeva la disponibilità di parte dei pradipaldesi di farsi carico delle spese eccedenti la somma di 25 mila lire che avrebbe speso il comune.
Nel frattempo il numero di abitanti aveva raggiunto le 500 unità mentre la disponibilità d’acqua era rimasta invariata; ciò aggravò la già precaria condizione igienico-sanitaria al punto che pure il prefetto di Vicenza evidenziò l’urgenza di portare l’acqua potabile nelle contrade di Bressani, Fodati e Pozza.
Nel 1922 il comune di Vallonara era riuscito a stanziare fondi per avviare la costruzione dell’acquedotto, ma ancora una volta la scarsa disponibilità delle casse comunali impedì l’effettivo inizio dei lavori.
Qualche anno dopo, nel 1938, per meglio fronteggiare questa difficile situazione economica dei comuni più piccoli si arrivò alla fusione fra i comuni di Vallonara e Crosara con Marostica.
L'illusione di una rapida soluzione al problema idrico di Speron si infranse subito dopo con l'ingresso dell'Italia nella Seconda Guerra Mondiale.
Nel secondo dopoguerra le amministrazioni che si succedettero a governare il comune di Marostica continuarono a non affrontare l’annosa questione dell’acqua potabile nelle contrade di Bressani, Fodati e Pozza; così i residenti presentarono il 21 agosto 1961 una nuova petizione al comune, che finalmente assunse l’impegno di costruire a breve l’acquedotto.
La sorgente proposta dai residenti, il Maso delle Secole in località Lavacile, oltreché essere di dubbia appartenenza al comune di Marostica, dato il vicino confine con il comune di Bassano, forniva uno scarso flusso d’acqua, molto probabilmente insufficiente per i bisogni della popolazione e dei 78 capi di bestiame censiti allora a Pradipaldo.
Passarono altri anni finché il 7 dicembre 1968 gli abitanti, riuniti in assemblea con un gruppo di giovani del centro di Marostica sensibili al problema, ottennero finalmente dall’amministrazione un nuovo impegno a realizzare l’acquedotto per Pradipaldo con inizio dei lavori entro il giugno del 1969.
Il 4 gennaio 1970 alcuni abitanti di Pradipaldo e di Marostica organizzarono una distribuzione di volantini per informare la città sullo stato in cui versava la frazione. Non contenti indirono a Pradipaldo un’assemblea per decidere ulteriori forme di lotta. La protesta culminò con un carosello di automobili, l'esposizioni di manifesti, il coinvolgimento di altri cittadini del territorio di Marostica che portavano le istanze del proprio quartiere.
Fra il 1970 e il 1971 finalmente l'acquedotto fu realizzato: l’acqua pescata a Valle San Floriano veniva trasferita prima alla località Erta e da lì pompata in una grande vasca a monte di contrada Bressani, da dove poi per caduta poté arrivare in tutte le case del paese. Il lavoro venne svolto da imprese specializzate con la partecipazione fattiva degli abitanti.
Negli anni ‘70 molti abitanti dai paesi dell’altopiano e anche di Pradipaldo per lavoro o per studio si dovevano spostare nelle vicine Marostica e Bassano, dove si stavano sviluppando varie attività industriali ed artigianali in grado di occupare un numero crescente di operai ed impiegati.
Data la ancora molto limitata disponibilità di mezzi privati (auto o moto) i trasferimenti avvenivano soprattutto con mezzo pubblico.
Una corriera prevedeva due corse di discesa ed altrettante di salita. Partiva dall’altopiano e passava per Conco e Tortima, raccogliendo negli anni sempre più passeggeri. Arrivata a Pradipaldo era spesso affollata al limite della capienza e i passeggeri di Pradipaldo, ultimi a salire, in assenza di posti a sedere, erano costretti a rimanere in piedi fino a Bassano. La situazione si aggravò ancora quando gli autisti della SIAMIC, società che gestiva il servizio, iniziarono ad applicare alla lettera il regolamento, che prevedeva di non far più salire passeggeri dopo che fossero occupati tutti i posti a sedere e al massimo altri cinque in piedi. Di conseguenza molti pradipaldesi rimanevano a terra perdendo spesso la giornata di lavoro o di scuola. Era necessaria una seconda corriera, che già era in servizio ma soltanto nei giorni del mercato bassanese.
Allo scopo di ottenere una seconda corriera tutti i giorni feriali, nella primavera del 1971 i lavoratori pendolari di Pradipaldo, già coinvolti in alcune lotte operaie nel bassanese, avviarono forme attive di protesta.
Nei pressi della trattoria Al Sole di via Fodati fu attuato un breve blocco stradale: giunta la corriera a Speron, i manifestanti scesero in strada e con un tavolo e delle sedie bloccarono per decine di minuti la corriera. Qualche giorno dopo l’autobus fu bloccato nei pressi della chiesa di Pradipaldo e gli fu consentito di proseguire solo dopo che i contestatori ebbero messo in chiaro che la protesta si sarebbe ripetuta fin quando la SIAMIC non avesse introdotto la seconda corriera. Furono interessati i sindaci di Conco, Marostica e Bassano; una delegazione di manifestanti fu ricevuta dai dirigenti della SIAMIC a Padova e, grazie anche all’interessamento del prefetto, si ottenne il secondo autobus ancora oggi attivo nei giorni feriali.